Schartau: Al momento, non esiste termine più controverso di questo. Alcuni lo associano a una nuova forma di lavoro più rilassante, fatto di post-it e pouf. Altri sono stufi di sentirne parlare perché confusi o frustrati dal fatto che nessuno sappia spiegare loro come muoversi esattamente – a parte fare tutto in modo diverso. Una falsa credenza molto diffusa è che oggi tutti debbano lavorare in modo agile.
L’agilità richiede un cambio di prospettiva
Persone
Il nostro mondo del lavoro è in rapida evoluzione: in termini di tecnologia, spazio, organizzazione e comunicazione. Gli esperti Thorsten Petersson e Johannes Schartau spiegano come gli specialisti in prodotti adesivi di tesa stanno affrontando questo cambiamento strutturale e perché il lavoro agile rappresenti un essenziale fattore di successo per il futuro.
Tutto il mondo parla di “agilità”. Ma cosa ne pensa la gente?
Ma cosa significa, davvero, la parola “agile”?
Schartau: Per prima cosa, si riferisce a un cambio di prospettiva. Mentre le strutture del lavoro tradizionali mirano a ottimizzare costi ed efficienza, il lavoro “agile” ruota intorno ai concetti di flessibilità e adattabilità. L’atteggiamento di base è: sappiamo poco e quindi abbiamo bisogno di apprendere velocemente. Una caratteristica essenziale del lavoro agile è la costante integrazione di nuove informazioni nei processi. Tutto questo comporta anche una ridefinizione del successo: avere successo non significa rispettare rigidi programmi, ma sortire degli effetti.
“Una caratteristica essenziale del lavoro agile è la costante integrazione di nuove informazioni nei processi.”
Holisticon
Sembra un approccio molto diverso da quello tipicamente tedesco…
Petersson: Sì, è vero. I tedeschi sono abituati a lavorare con prudenza e per lo più organizzandosi in compartimenti stagni. In una configurazione agile, invece, il singolo dipendente, come parte di un piccolo team, si assume un carico di responsabilità decisamente maggiore, cosa che però può funzionare solo se non si è contemporaneamente coinvolti in altri 19 progetti.
Schartau: L’agilità richiede inoltre una spiccata propensione alla sperimentazione e il coraggio di commettere errori, aspetti in cui gli Stati Uniti o i Paesi Bassi sono molto più avanti di noi.
Da quando e perché in tesa si è cominciato a parlare di lavoro agile?
Petersson: L’argomento è all’ordine del giorno da circa due anni e si riflette soprattutto nella nostra campagna d’innovazione all’interno del settore di ricerca e sviluppo e nella nostra strategia digitale. Il background: la digitalizzazione aumenta la complessità e modifica il nostro ambiente in maniera talmente incisiva e continua che per restare innovativi e competitivi è necessario cambiare anche le proprie abitudini di lavoro. Non si tratta solo di utilizzare metodi nuovi, ma soprattutto di adottare l’atteggiamento, la cultura e la leadership necessari per lavorare in modo lungimirante e orientato al futuro. Chiaramente, questo può poi portare a questioni di carattere strettamente pratico: nuovi modi di concepire gli spazi, nuovi software o strutture organizzative, nuovi ruoli o modelli di cooperazione. Oggi, il termine “Nuovo lavoro” sottende spesso gran parte di questi concetti.
Schartau: Esattamente; la digitalizzazione aumenta la velocità, tutto è connesso. Grazie al lavoro agile, raggiungere grandi risultati in maniera molto più rapida diventa possibile anche per le piccole realtà aziendali. Come grande impresa, dobbiamo essere in grado di rispondere a questa potenziale minaccia, una sfida che a mio parere tesa sta fronteggiando con grande consapevolezza e apertura mentale.
“La digitalizzazione aumenta la complessità e modifica il nostro ambiente in maniera talmente incisiva e continua che per restare innovativi e competitivi è necessario cambiare anche le proprie abitudini di lavoro.”
Digital Development Office tesa SE
Petersson: In alcuni settori, come lo sviluppo web, già adesso lavoriamo in maniera completamente agile, in altri, invece, stiamo mettendo a punto principi e metodi agili nell’ambito di cosiddetti progetti pilota. Si tratta di aree sperimentali chiaramente definite in cui intendiamo apprendere quando utilizzare quale tipo di metodi e capire che genere di sfide organizzative dobbiamo fronteggiare lungo il nostro percorso.
Schartau: Potremmo addirittura scoprire che la sola cosa da fare sia ottimizzare prodotti o processi già consolidati. Diventare agili non significa necessariamente buttare giù tutto quello che c’era prima, perché l’agilità non rappresenta un obiettivo fine a se stesso!
Sembra che l’agilità sia particolarmente efficace laddove ci sia un forte bisogno di innovazione.
Petersson: Sì, è un’esperienza che abbiamo vissuto. In linea di massima, l’agilità permette di raggiungere rapidamente un progresso misurabile e apprendere di più. Soprattutto in situazioni in cui si riesce a individuare con precisione il problema, ma non si sa bene quali soluzioni adottare. L’innovazione e lo sviluppo dei prodotti richiedono inoltre una più stretta interazione con i clienti e una migliore collaborazione interfunzionale. Per raggiungere questi obiettivi i metodi agili rappresentano la soluzione migliore.
Quali metodi agili utilizzate?
Schartau: Il modello più in voga – anche da tesa – è lo Scrum, seguito da Kanban e Lean Startup. Funziona bene anche Design Thinking, ma non è un metodo ufficiale. Come consulenti interni, il nostro compito consiste nell’aiutare i team o i dipartimenti a scegliere il metodo giusto, sempre sulla base di un’accurata analisi delle problematiche.
Grazie mille per il tempo che ci avete dedicato!
Il lavoro agile ha avuto origine con il “Manifesto per lo sviluppo agile del software” (2001). Nel corso del tempo, sono stati messi a punto svariati metodi. Qui di seguito vi proponiamo una sintesi dei tre più frequentemente utilizzati.
1. Scrum
Uno dei più popolari è Scrum, nato nel settore IT. Il modello si basa sull’idea che un progetto non debba essere totalmente pianificato dalla A alla Z, ma si debba svolgere seguendo ripetuti cicli di feedback (Sprint). Quando si conclude uno Sprint, il sottoprodotto finito viene consegnato, controllato e ulteriormente sviluppato nel successivo Sprint.
Ulteriori informazioni: scrumguides.org / scrum-master.de / agiles-projektmanagement.org
2. Kanban
“Da fare” – “In elaborazione” – “Fatto”: sono le classiche categorie di Kanban (“cartellino” in giapponese), un metodo sviluppato negli anni Cinquanta dal produttore di automobili Toyota. Lo scopo del metodo – che si basa sulla visualizzazione e che oggi è impiegato ben oltre i confini dell’industria automobilistica – è il controllo ottimale dei processi di produzione. Questo approccio basato su piccoli step consente di gestire con facilità persino i progetti.
Ulteriori informazioni: projektmanagement-definitionen.de / it-agile.de
3. Lean Startup
Questo metodo si rivolge a imprese che fondano il proprio successo su una struttura snella e flessibile (all’interno dell’azienda). Tramite la precoce commercializzazione del prodotto o del servizio – denominato prodotto minimo funzionante (Minimum Viable Product – MVP) – questo metodo si basa su un periodo di pianificazione più breve e sull’apprendimento in corso d’opera. Ne è un tipico esempio la creazione della ditta Dropbox.
Ulteriori informazioni: gruenderkueche.de / startplatz.de